Progetto per la facciata

Autore

Richino, Francesco Maria

Titolo

Progetto per la facciata

Datazione

XVII secolo; [1603-1606]

Collocazione

ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 28rA

Dimensioni

795x525 mm (volet: 425x517 mm)

Tecnica e Supporto

Preparazione a matita, compasso, punti guida; esecuzione a penna e inchiostro bruno, acquarellatura a inchiostro bruno diluito in diverse tonalità; supporto cartaceo di media grammatura, filigrana con mano a cinque dita separate e fiore superiore (non in Briquet). Volet: preparazione a matita, compasso; esecuzione a penna e inchiostro bruno, acquarellatura a inchiostro bruno diluito in diverse tonalità, matita; supporto cartaceo di media grammatura, filigrana non presente.

Scala

In basso al centro, collocata tra la pianta e il prospetto, di 40 braccia milanesi: costituita da un asticella orizzontale, con tratti verticali che la suddividono in unità di dimensioni diverse, più fitte verso sinistra, numerata 5, 10, 20, 30, 40.

In basso al centro, collocata tra la pianta e il prospetto, di 80 palmi romani: costituita da un’asticella orizzontale, con tratti verticali che la suddividono in unità di dimensioni diverse, più fitte verso sinistra, numerata 10, 20, 30, 40, 80.

Iscrizioni

In alto a sinistra, entro un cartiglio, a penna e inchiostro bruno: «All’Ill[ustrissi]mo et R[everendissi]mo Sig[no]r et Patrone mio coll[endissi]mo / Per spiegare in qualche maniera l’affetto che per debito di gratitudine devo a V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma doppo / il mio ritorno da Roma, conforme all’ord[in]e da lei dattomi, ho applicato l’animo à cosa che so es= / serli di molto gusto; et è di farne il p[rese]nte disegno della faciata di q[ue]sta sua sontuosissima Chiesa / del Domo, la quale stà in stabilirsi nel che fare ho atteso q[ua]nto mi sii stato possibile al splendore, / et decoro del rimanente della fab[ri]ca. Questa adonque dedico, et consacro con ogni summiss[io]ne a V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma / in questo intendendo ancora di darli qualche sagio del mio profitto fatto in Roma, sotto l’ombra di / V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma la quale per innata grandeza d’animo, et pietà Christiana / che stà con perpetuo desiderio di aggiutare li virtuosi. V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma / adonque accetti il piciol p[rese]nte fatto con animo grande di / sempre servirla di tutto cuore, sempre che si degnera / di comandarmi. / Di V[ostra] S[ignoria] Ill[ustrissi]ma et R[everendissi]ma / Servitore Humil[issi]mo. / Fran[ces]co Richino».

In alto a destra, entro un cartiglio, a penna e inchiostro bruno: «Misura della faciata in altezza / Il Zoccolo sotto le colonne del p[rim]o ordine ____ br[aza] 1 o[nze] 6 / Le Colonne del p[rim]o ordine sono di diam[etr]o o[nze] 44, longhe con base, et capit[ell]o ____ br[aza] 38 o[nze] 6 / Architrave, freggio, et cornice sono ____ br[aza] 8 o[nze] - / Zoccolo con il piedestallo sop[r]a la d[ett]a Cornice ____ br[aza] 8 o[nze] - / Zoccolo sotto le colonne del second’ord[ine] ____ br[aza] 1 o[nze] - / Le colonne del second’ordine con case, et capitello ____ br[aza] 26 o[nze] 8 / Cornice Architravata ____ br[aza] 4 o[nze] 10 / Piedestallo sop[r]a la d[ett]a cornice con il zoccolo ____ br[aza] 10 o[nze] - / Altezza del frontespicio in angolo ____ br[aza] 10 o[nze] - / L’altezza de tutta la facciata sono br[aza] 108 o[nze] 6».

In alto al centro, entro una tabella, a penna e inchiostro bruno: «MARIAE / VIRGINI / CHRI[STI] MATRI».

Al centro, entro una tabella, a penna e inchiostro bruno: «N.B.V.M.».

In basso al centro, in corrispondenza della scala originaria, a penna e inchiostro bruno: «Brazza Milanese n° 40».

In basso al centro, in corrispondenza della scala originaria, a penna e inchiostro bruno: «Canne Romane n° 8, cioè Palmi n° 80».

In basso a destra, a penna e inchiostro bruno: «Franciscus Richinus invenit, et delineavit».

In basso, ai luoghi propri, in corrispondeza della pianta, a penna e inchiostro bruno: misurazioni varie in braccia milanesi.

Sul bordo superiore del volet, a sinistra, a matita: «1603 (?)».

Sul verso, a penna e inchiosto nero: alcune cifre cancellate, «Una bella facciata / non si sa che chiesa sia» [iscrizione cancellata], «Facciata per il Duomo / di Milano / di Francesco Richino».

Sul verso, indicazione inventariale moderna, a matita: «RB II 28 recto A».

Sul verso, indicazione inventariale moderna, a matita: «2 28r A».

 

Notizie

Il disegno appartiene a un gruppo di progetti per la facciata del Duomo di Milano elaborati da Francesco Maria Richino all’interno del secondo tomo della Raccolta Bianconi. La Raccolta Bianconi è conservata oggi presso l’Archivio Storico Civico, composta in dieci volumi dall’architetto, collezionista e storico Carlo Bianconi tra il 1789 e il 1796 e contenente disegni di architettura e alcune incisioni di edifici milanesi tra il XIV e il XVIII secolo. La storia del foglio si accompagna quindi con quella della Raccolta, che dopo essere passata ai Litta e poi ai Vallardi, entra nel 1872 nelle raccolte civiche milanesi, quando il Comune la acquista da Antonio Vallardi. Il disegno è inserito insieme a un altro (ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 28rB) al recto del foglio 28 del tomo (presso l’Archivio Storico Civico esistono due riproduzioni fotografiche corrispondenti al foglio principale e al volet, negativi A 4124 e A 4125), mentre il verso del foglio del tomo è libero.

Il disegno è composto su due fogli di dimensioni simili, incollati in verticale lungo il lato lungo e lievemente sovrapposti. Al centro, in corrispondenza della porta maggiore, vi è un ritaglio dovuto probabilmente a un pentimento, colmato con una pezza di carta sulla quale è disegnata la porta (dimensioni 210x90 mm). È presente un volet, recante una variante del secondo ordine, composto da un foglio più una striscia di carta incollata lungo il margine superiore, dimensioni 425x517 mm: anche il volet mostra un pentimento con una pezza incollata in corrispondenza della parte centrale del timpano.

Il foglio è stato visibilmente rifilato lungo il margine destro, con l’accortezza di lasciare interamente visibile la gradinata, che infatti sporge lateralmente oltre il margine. Il foglio mostra solo alcune macchie di inchiostro o acquarello ocra, in basso a destra, e alcune altre macchie brune di lieve entità, oltre a un imbrunimento generale più marcato ai margini, dove si nota anche qualche sgualcitura, in particolare nella giuntura tra i due fogli. Sul verso si notato le tracce della colla usata per il fissaggio delle pezze di carta con le correzioni, e di quella per l’incollaggio al tomo, inoltre tracce di penna a inchiostro bruno e prove di tratto. Molto evidente è la piegatura centrale verticale, in corrispondenza della quale si erano creati alcuni strappi colmati con piccole strisce di carta di supporto sul verso. Lungo i margini sia del disegno che del volet si notano numerosi fori di spillo, che farebbero pensare al fissaggio temporaneo a un supporto rigido.

La preparazione a matita era composta da linee orizzontali di base e linee assiali in corrispondenza dei piedritti, oltre che sottostante i tratti poi ripassati a penna. Il compasso è usato per le circonferenze, mentre si notano in corrispondenza delle linee orizzontali e verticali mediane alcuni punti guida e alcuni tratti di compasso usato per misurazioni. La preparazione delle decorazioni, eseguita a mano libera a matita, è evidente soprattutto in corrispondenza delle volute laterali di congiunzione tra il primo ordine e l’ordine superiore. L’esecuzione a penna e inchiostro bruno è molto attenta, condotta da una mano molto regolare ed educata, con tratti sottili e precisi, ma non rigidi. È assai meglio condotta l’architettura, chiaroscurata completamente, con un abile uso dell’acquerello in diverse gradazioni di bruno, che sottolinea con trapassi tonali l’articolazione dei volumi (si vedano per esempio le colonne tortili), mentre meno abili si presentano le parti figurative, un po’ rigide, eseguite solo con contorni lineari, prive del chiaroscuro. I tratti dell’architettura sono interamente eseguiti a strumento, fuorché ovviamente le parti decorative floreali e minute. Una campitura uniforme ad acquarello bruno è usata per i pieni murari della pianta e per alcune zone d’ombra sature nel prospetto, con un piccolo errore nelle nicchie con statue a sinistra. Si notano al centro, sulla metà sinistra, i tracciati eseguiti con preparazione a matita continua e poi tratteggio a penna puntinato, che rappresentano gli archi a sesto acuto della sezione delle volte interne della chiesa: in particolare si notano i due delle navate laterali minori nord e quello centrale, tracciato solo per quanto concerne l’arco di sinistra.

Il portale centrale è stato sostituito ritagliando il foglio in corrispondenza dell’errore e incollando sul verso una pezza di carta sulla quale è disegnata la correzione. Il volet presenta le stesse caratteristiche del foglio sottostante, ma reca un piccolo studio a matita rappresentante la pianta di un pilastro, collocato a sinistra. Anche il volet presenta una pezza di carta incollata in corrispondenza della parte centrale del timpano (dimensioni 78x87 mm), al di sotto della quale si vede ancora la versione espunta, che contemplava un piccolo timpano curvilineo inserito all’interno del timpano triangolare, con una tabella con cartiglio sottostante, soluzione simile, ma non identica, a quella adottata nella variante sul foglio principale (in particolare è molto simile il timpano curvilineo, ma diversa la tabella, disegnata in modo più sinuoso, con due volute, una superiore e una inferiore, rispetto alla versione lineare proposta nella variante sottostante).

I progetti per la facciata del Duomo elaborati da Francesco Maria Richino corrispondono a due fasi, la prima si colloca all’inizio del XVII secolo, la seconda invece corrisponde agli anni Trenta del XVII e sfocia nel progetto tramandato dalla stampa del 1635 (della stampa esistono diversi esemplari completi, si vedano le schede relative; AVFDMi, Archivio Disegni, 38; BAMi, S. 148 sup. n. 13; CRSMi, Tr g 10). Nel 1602 si era provveduto a eseguire uno scavo nello spazio antistante la cattedrale per verificare la presenza di eventuali precedenti fondazioni, delle quali erano stati rinvenuti soltanto alcuni resti corrispondenti alla porta maggiore (si trattava probabilmente delle fondazioni per il previsto spostamento della porta di Compedo in facciata, verosimilmente abbandonato poco dopo; Repishti, 2003, p. 62). Nel 1603 è convocata una commissione composta da Lorenzo Binago, Pietro Antonio Barca, Francesco Sitone e quattro deputati della Fabbrica per discutere le proposte di Martino Bassi, Tolomeo Rinaldi, lo stesso Barca, e forse anche Binago e Richino, in rapporto al progetto di Pellegrino Tibaldi, prediligendo la scelta di utilizzare piedistalli al di sotto delle grandi colonne del primo ordine, caratteristica che accomunava tutte le proposte presentate (Repishti, 2003, pp. 62-63). Nello stesso 1603 (Annali, V, p. 10; Bocciarelli, 1969, p. 175; Repishti, 2003, p. 63 e nota 131) sono citati per la prima volta alcuni modelli realizzati da Richino per la facciata, che sono inoltre pagati al maestro la cifra di 12 ducati (1603, 27 gennaio e 12 febbraio: AVFDMi, Mandati, ad datam; Repishti, 2003, p. 115, nota 131). Nel marzo del 1605 Richino riceve la rara carica all’interno della Fabbrica di Caput Magister, vincendo a sorte dopo una votazione a parimerito contro Giovanni Battista Mangone, ma nel dicembre dello stesso anno è licenziato in seguito a un’accusa di falsificazione di documenti (Repishti, 2003, p. 64). Successivamente, tra il 1606 e il 1607, diversi maestri (Antonio Maria Corbetta, Onorio Longhi, Gerolamo de’ Capitani da Sesto, Pietro Antonio Barca e alcuni anonimi), tra i quali anche Richino, formulano nuove proposte, mentre si avvicendano alla direzione del cantiere Antonio Maria Corbetta e Aurelio Trezzi, fino a quando nel 1609 Federico Borromeo interviene nella discussione per la facciata, disponendo che essa fosse definitivamente eseguita secondo il progetto di Pellegrino Tibaldi, modificando solo l’ordine superiore, e ordinando con la successiva delibera del 2 aprile di adottare colonne senza piedistalli (Repishti, 2003, p. 70). Sono diversi gli elaborati grafici attribuibili a Richino che sono stati collocati cronologicamente in questa prima fase del suo intervento nella questione della facciata, anche se diverse sono le ipotesi degli studiosi sulla sequenza cronologica dei disegni stessi e sulla loro esatta collocazione. In particolare nel secondo tomo della Raccolta Bianconi, sono stati individuati come appartenenti a questa fase i disegni ai ff. 27r, 28rA, 29r, 30r, 31r, oltre alle copie del progetto di Pellegrino Tibaldi, probabilmente tutte di mano di Francesco Maria Richino e collocabili nel 1610 (AVFDMi, Archivio Disegni, 205; ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 26r; BAMi, F. 251 inf. n. 50; per la proposta di datazione di questi ultimi Repishti, 2002, p. 37 e Repishti, 2003, p. 51; si vedano le schede relative).

 

Note critiche

Il disegno ha avuto un’estesa fortuna critica, già citato da Mongeri e Romussi è stato analizzato da Hoffmann, Bocciarelli, Scotti, Kummer, Patetta e Repishti, con datazioni differenti: in particolare Hoffmann lo colloca nel 1604, Cecilia Bocciarelli nel 1603, Aurora Scotti tra il 1603 e il 1605, quando Richino era certamente a Milano, tornato da Roma, come sembra esprimere il riferimento presente nella dedica del disegno. Da ultimo Francesco Repishti propone una datazione collocabile tra i primi progetti documentati del 1603 e il f. 29r del secondo tomo della Raccolta Bianconi, datato 1606. Il disegno è analizzato puntualmente da Aurora Scotti (Scotti, 1973; Scotti, 2002) e da Francesco Repishti (Repishti, 2003), che ne evidenziano in particolare l’apparente carattere di esercizio, più che di proposta reale, eseguito per dimostrare al dedicatario del foglio gli insegnamenti che Francesco Maria Richino aveva potuto apprendere a Roma. Il dedicatorio è ritenuto dai più il cardinale Federico Borromeo, sebbene Repishti ponga in dubbio la questione indicando come possibile ambito di indagine quella di Alessandro Mazenta, allora canonico del Duomo (Repishti, 2003, p. 116, nota 146). Lo stesso Repishti propone inoltre di datare il disegno a ridosso dell’anno 1606, con una proposta di identificazione del foglio con uno dei disegni saldati a Richino nel 1607 (31 maggio: AVFDMi, Mandati, ad datam; Bocciarelli, 1969, p. 178; Repishti, Schofield, 1999, p. 95; Repishti, 2003, p. 116, nota 148).

Il disegno mostra due varianti per l’ordine inferiore, tracciate nelle due metà del foglio, che propogono la medesima disposizione dei sostegni verticali, ma con differenze dei particolari decorativi e con il raddoppio della parasta in corrispondenza dell’angolo nella versione di sinistra. A sinistra le colonne corinzie libere, ma inalveolate, collocate accanto al portale centrale sono tortili, mentre a destra presentano una scanalatura nel terzo inferiore e una decorazione a tralci di vite nei due terzi superiori. Al di sopra della pausa dettata dall’importante marcapiano troviamo due versioni anche per l’ordine superiore, questa volta delineate sul foglio principale e su di un volet aggiunto lungo il margine superiore. Entrambe recano un coronamento corrispondente alla navata centrale e alle mediane della cattedrale, e mostrano la medesima composizione dei sostegni verticali, differenziandosi in sostanza per i particolari decorativi delle finestre, per le volute di raccordo con l’ordine inferiore e per il coronamento sommitale, in un caso dettato da un fastigio timpanato ristretto alla sola navata centrale, impostato su una trabeazione contratta (priva del fregio), connotato al centro dall’inserimento di una tabella iscritta e sormontato da statue, e nell’altro in un unico grande timpano al di sopra di una trabeazione completa, con fregio popolato da protomi leonine.

Rispetto al carattere “romano” del disegno Aurora Scotti nota in particolare l’influsso della facciata di Santa Susanna di Carlo Maderno, soprattutto per l’addensarsi progressivo dei sostegni verticali verso il centro, oltre a possibili riferimenti al progetto allora in fieri di Giacomo della Porta per S. Andrea della Valle e l’uso delle colonne tortili che parrebbe un segnato riferimento salomonico alla pergola vecchia di S. Pietro.

 

Bibliografia

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A. Bortolozzi, Santi Ambrogio e Carlo al Corso. Identità, magnificenza e culto delle reliquie nella Roma del primo Seicento, Roma, 2014, pp. 46-47, fig. 20

 

Schedatore e data

Jessica Gritti 2012

ISBN

9791220009157

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