Prospetto del transetto settentrionale

Autore

[Lombardo, Cristoforo ?]

Titolo

Prospetto del transetto settentrionale

Datazione

XVI secolo; [1519-1537]

Collocazione

AVFDMi, Archivio Disegni, 204

Dimensioni

1850x751 mm

Tecnica e Supporto

Preparazione a punta secca, punti guida lungo l’asse mediano (mal rilevabili a causa della consunzione del foglio), compasso; esecuzione a matita nera, penna einchiostro bruno, acquerellatura a inchiostro bruno diluito; supporto cartaceo di grammatura pesante, filigrana non rilevabile, controfondato.

Scala

Non presente

Iscrizioni

Non presenti

Notizie

Il disegno appartiene al gruppo di progetti relativi alla realizzazione della porta settentrionale del transetto del Duomo, comunemente nota come porta verso Compedo. Si tratta, tra l’altro, dell’unico elaborato grafico legato a questa articolata vicenda tuttora conservato in originale presso l’Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo (un altro disegno cinquecentesco relativo alla porta è presente in copia presumibilmente eseguita nel XIX secolo: AVFDMi, AD, 247), mentre gli altri progetti sopravvissuti si trovano oggi in prevalenza all’interno della Raccolta Bianconi (ASCMi, Raccolta Bianconi, II, ff. 13v-recto; 14r; f. senza numero tra il 14 e il 15, al verso; 15r; 16r; 17r; 18r) e presso la Biblioteca Ambrosiana (F. 251, inf. n. 42).

Il disegno è formato su quattro fogli di simili dimensioni (circa 500x750 mm, sovrapposti per circa 15 mm), incollati in corrispondenza del lato lungo e disposti in verticale uno di seguito all’altro. Esso si presenta oggi montato su supporto rigido, in uno stato di conservazione piuttosto precario. La carta è completamente imbrunita, abrasa in più parti su tutta la superficie; particolarmente evidenti sono i margini di giuntura dei quattro fogli, che si sono strappati in più punti e sono poi state ricomposte nel corso dell’operazione di incollaggio al supporto. Si evidenzia una grave lacuna dell’angolo inferiore destro e altre lacune di assai minore entità, concentrate soprattutto nella parte inferiore della composizione, ma presenti anche nelle restanti parti. Si nota una evidente piegatura verticale lungo l’asse centrale del disegno, anch’essa strappata in corrispondenza del primo foglio in basso e poi ricomposta in modo non totalmente preciso, provocando una non perfetta corrispondenza delle linee del disegno. Su tutta la superficie sono presenti crettature diffuse della carta, macchie e fori di varia natura, non sempre bene identificabile (alcuni sembrano essere fori di tarlo).

Il disegno è interamente preparato a punta secca e poi ripassato a penna. Le linee architettoniche principali, sia orizzontali che verticali sono intermente realizzate a strumento, mentre molti degli elementi decorativi, non soltanto figurativi, ma anche architettonici, sono realizzati a mano libera con tratti veloci e talvolta un po’ sommari, ma comunque di buona espressività. Il tracciato delle linee appare sempre pulito, senza evidenti pentimenti, né sbavature nel tratto, tendenzialmente regolare in spessore e privo di ripassi. Anche l’acquarellatura è attenta e realizzata con cura.

Non sempre riuscita è invece la costruzione geometrica, specialmente per le parti in prospettiva, che presentano errori di scorcio evidenti, anche a prima vista, e già presenti nel tracciato a punta secca. La statuaria è disegnata con buon proporzionamento delle forme, vivacità esecutiva e attenzione per la variatio delle pose, pur nella sommarietà e velocità delle linee e nell’assenza di ombre al tratto, affidate invece solo all’acquarello. L’uso del compasso per la realizzazione degli archi non è limitato a quelli principali, ma anche ai trafori polilobati, ma solo per quanto concerne le parti ortogonali del disegno, i tratti curvilinei di quelle in prospettiva sono infatti realizzati senza l’ausilio di strumento, a mano libera.

L’organismo architettonico qui proposto si configura come un corpo estroflesso dalla parete del tempio, incastonato all’interno dei pilastri della campata centrale del transetto settentrionale, che ne delinea la facies fino alla sommità. Nel disegno è dunque visibile in alzato ortogonale il settore centrale della parete esterna del transetto, come doveva essere già stata impostata almeno fino a una certa quota, e che costituiva quindi la base di partenza progettuale. Di quest’ultima sono visibili i citati poderosi contrafforti, che individuano verticalmente la campata centrale del transetto, composti da fasce di specchiature verticali, e già con la tripartizione decorativa in altezza che trova riscontro anche nel costruito, ovvero al di sopra del basamento un primo livello di doccioni, un secondo con archetti pensili a decorazioni floreali, dai quali si dipartono ulteriori fasci verticali che bipartiscono la specchiatura del pilastro, culminando nella cornice sommitale, sormontata da falconature cuspidate e da due pinnacoli (nel disegno è collocata un’ulteriore guglia al centro del coronamento). Nella parte alta, è visibile, inoltre, dietro la struttura della porta vera e propria, anche l’arcone a sesto acuto corrispondente alla sezione della volta interna.

Come abbiamo accennato, il corpo della porta aggetta decisamente dal piano della parete (elemento reso graficamente anche grazie all’utilizzo di alcuni elementi in prospettiva), costituendo una struttura di sezione planimetrica semiottagonale, della quale emergono tre lati, che si addossa all’edificio come un imponente seppur slanciato volume prismatico, la cui solidità è accentuata dalla netta definizione degli spigoli tramite fasce verticali lisce piegate su di essi. Seppure nella consunzione della parte inferiore del disegno sono chiaramente distinguibili i tre gradini dinnanzi alle tre porte e la sezione del pilastro trapezoidale ai lati della struttura, si nota, inoltre, il basamento su alti plinti, dotati di specchiature regolari e rettangolari, con modanature lisce e teste di cherubini. All’interno dei pilastri trapezoidali sono inoltre rilevabili due piccole circonferenze, che potrebbero segnalare la presenza delle scale a chiocciola per raggiungere il piano superiore loggiato. Il piano terra di questa complessa struttura ammette al suo interno tre porte archiacute e che sembrano essere sormontate da cuspidi e modanature decorative (questa parte del disegno è molto consunta e quindi di difficile lettura), al di sopra delle quali si impostano tre finestroni archiacuti, decorati a trafori e archetti trilobi, e anch’essi dotati alla sommità di cuspidi con gattoni e testine al centro. La struttura prosegue al di sopra di una semplice cornice rettilinea, ma alleggerendosi in una loggetta balaustrata di archi trilobi, impostati su semicolonnine addossate ai pilastri di spigolo, che raddoppiano il passo delle aperture, inserendo un pieno sull’asse delle finestre sottostanti. A questo proposito è visibile anche l’interno della loggia, dal quale si evince che si tratta di una struttura voltata, tuttavia la sua complessità non consente di capire chiaramente se si tratti dell’intera struttura interna di pianta ottagonale e che quindi proporrebbe una loggia aperta anche all’interno del braccio del transetto (ipotesi affascinante, seppure meno probabile), oppure se si tratti più semplicemente di un loggiato con doppia fila di piedritti, oppure ancora se i sostegni visibili si riferiscano alla parete interna finestrata del transetto, anch’essa aggettata rispetto al perimetro, sulla quale ricadrebbero quindi le voltine. Il coronamento di questo corpo di ingresso è composto da un ulteriore piano rientrato rispetto ai sottostanti, ancora dotato di pilastrini d’angolo e bifore archiacute con il consueto motivo degli archi trilobi e le cuspidi sommitali, venendo a configurarsi come una sorta di piramide che supera in altezza perfino la chiave d’arco, corrispondente alla sezione delle volte interne.

 

 

Note critiche

Il disegno è stato riprodotto per la prima volta, privo di commento, da Angiola Maria Romanini all’interno del suo contributo sull’architettura del Duomo, composto in occasione dell’opera monografica in due volumi dedicata alla cattedrale del 1973. Esso figura come perduto in alcune pubblicazioni successive, che ne segnalano e ne editano quindi la fotografia, tuttora presente presso l’Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo (Fototeca Vecchia, 67; Scotti, 1977; Soldini, 1999), per essere poi recuperato agli studi da Silvia Perossi nel 2002, in occasione della mostra La cattedrale inedita: dall’Archivio della Veneranda Fabbrica i progetti mai visti per la facciata del Duomo di Milano. Età Spagnola (1582-1737), curata da Francesco Repishti.

Già Perossi segnalava la presenza lungo i margini del disegno di una piccola fascia più chiara, in realtà si tratta di una zona al margine maggiormente abrasa e sulla quale sono presenti tracce di colla (poi rimossa?), che farebbe sospettare un montaggio all’interno di una cornice e, a giudicare dall’annerimento globale e dallo stato di conservazione piuttosto precario, presumibilmente una prolungata esposizione, forse all’interno della Sala del modello nella Cassina di Camposanto, come piuttosto usuale per i progetti per i quali si riteneva necessaria la pubblica fruizione da parte dei maestri di cantiere (Perossi connette in particolare questa osservazione a un documento presente nei registri delle Ordinazioni Capitolari e relativo proprio a una delibera del 1535, già segnalata da Beltrami, che ordinava di stendere su telai, rendere più resistenti ed esporre i disegni relativi alla porta verso Compedo, affinché fossero disponibili per lo studio; 1535, 29 aprile: Annali, III, 1880, p. 259), senza tuttavia spingersi a ventilare l’opportunità che si trattasse di uno di essi (ipotesi peraltro non altrimenti verificabile).

Il disegno è stato anzitutto valutato per le evidenti affinità con il grande modello del Duomo realizzato a partire dal 1519 (Scotti, 1977; Brivio, 1978) e conservato al Museo del Duomo, con il quale la rispondenza strutturale e formale è davvero significativa, almeno per quanto concerne la parte inferiore, corrispondente al primo piano, fino alla cornice rettilinea. La parte superiore invece è leggermente differente, poiché nel modello è più accentuato l’effetto piramidale dei volumi, che presentano infatti due gallerie sovrapposte in corrispondenza del secondo piano, anziché la sola presente nel disegno, e un coronamento composto anch’esso da due volumi sovrapposti, progressivamente rientrati rispetto alle strutture inferiori. Allo stesso modo è stata evidenziata a più riprese (Scotti, 1977; Soldini, 1999; Perossi, 2002; Repishti, 2002; Repishti 2003) l’affinità di impianto con il disegno al f. 17r del tomo secondo della Raccolta Bianconi (ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 17r), che rappresenta però un progetto per la controfacciata del transetto settentrionale. La vicinanza dei due elaborati grafici è tuttavia ritenuta da limitarsi al solo impianto di base da Nicola Soldini (Soldini, 1999), che individua come il foglio della Bianconi integri elementi dallo spiccato aggiornamento in senso moderno con i più tradizionali motivi gotici (il disegno in ogni caso rappresenta al massimo una copia di primo XVII secolo di un disegno precedente, essendo firmato da Giovan Paolo Bisnati).

Si noti tuttavia che i due fogli rappresentano gli unici due disegni che, insieme al modello ligneo, mostrano l’alzato di una struttura poligonale in forma di vestibolo dotato di tre ingressi e che, tralasciando per un momento i particolari decorativi, la rispondenza degli elementi strutturali nei tre elaborati, almeno per il primo piano, non solo per l’impianto poligonale della pianta e per l’articolazione dell’alzato, ma finanche per la disposizione delle singole aperture, appare innegabile. Anche per quanto concerne la parte superiore, tra l’altro, il disegno della Bianconi (ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 17r) appare almeno nell’impostazione strutturale, se non nei particolari minuti, ancora più vicino al n. 204 dell’Archivio della Fabbrica che al modello stesso.

In ogni caso si tratta di un impianto che Luca Beltrami (che però ignorava il disegno n. 204 della Veneranda Fabbrica del Duomo) aveva avvicinato alle documentate affermazioni emerse in occasione delle discussioni intorno alla porta verso Compedo avvenute nel 1503, quando la Fabbrica dopo aver convocato una riunione di maestri (Caradosso, Giovanni Molteno, Bramantino, Maffiolo Giussano, Amadeo, Bartolomeo Briosco, Andrea Fusina, Gian Giacomo Dolcebuono e Cristoforo Solari), nella quale dovevano essere esaminati alcuni antichi disegni, ne scelse uno descritto come «designum unum valde mirum, cum piramide una elegantissima in medio, in formam vestibuli portae, ascendente ad cacumen fornicis magni praedictae ecclesiae», che doveva essere utilizzato dai maestri per eseguire un modello ligneo a sua imitazione (1503, 23 febbraio: Annali, III, p. 124). I modelli vennero poi presentati e discussi il 26 giugno dello stesso anno (ne sono documentati almeno tre: uno di Amadeo e Dolcebuono, uno di Cristoforo Solari e Bartolomeo Briosco e un terzo di Andrea Fusina), quando si decise di chiuderli nella sala delle riunioni invernali, affinché non potessero essere modificati, nell’attesa di compiere il giorno seguente un’indagine conoscitiva dinnanzi al vano della porta, per rilevare eventuali fondazioni già predisposte in una fase precedente del cantiere (1503, 26 giugno: Annali, III, pp. 125-126). Silvia Perossi rileva, quindi, come anche l’impianto proposto nel disegno n. 204 della Veneranda Fabbrica del Duomo, al quale le osservazioni di Beltrami sono traslabili, grazie all’evidente seppur parziale affinità con il modello, corrisponda alla descrizione di una sorta di vestibolo che sale fino all’altezza della volta maggiore (del transetto) e, anzi, la supera. Non sembra rilevante, invece, l’associazione parimenti proposta con il passo del commento al testo vitruviano di Cesare Cesariano, nel quale egli illustra la sua Ichnographia con l’iscrizione «vestibulorum trium fundationes ante ianuas», collocata a cavallo delle due porte laterali del transetto (C. Cesariano, Di Lucio Vitruvio Pollione De Architectura Libri Dece, Como, 1521, c. 14r), poiché l’espressione è evidentemente riferita ai tre vestiboli rettangolari proposti nella pianta del Duomo davanti alle porte principali della chiesa (porta maggiore, porta verso Compedo e porta meridionale del transetto), secondo la lettura che già ne diede Beltrami e che sembra confermata implicitamente anche dal testo del commento al volgarizzamento alla c. XIIIv.

Un altro disegno accomunabile al f. n. 204 dell’Archivio della Fabbrica si trova ancora una volta nel secondo tomo della Raccolta Bianconi, al f. 18r, ed era già segnalato da Beltrami come affine alla controfacciata del f. 17r e al modello ligneo (Beltrami, 1900). Anche se non vi è l’assoluta certezza che il foglio possa essere inserito all’interno dei dibattiti per la porta verso Compedo, si deve in ogni caso notare l’attinenza precisa della soluzione poligonale a tre porte, sezionata a una quota piuttosto prossima al basamento, certamente con quella del modello ligneo e quindi anche con i due disegni di alzato precedentemente citati. La sequenza delle modanature esterne dei pilastri e della lieve articolazione dello sguincio, fino al battente della porta, sembra essere tra l’altro compatibile con quella del disegno n. 204, elemento che farebbe comunque pensare, piuttosto che a un rapporto diretto tra i due disegni, alla comune identità di questa parte al modello ligneo.

La fortuna della soluzione poligonale per la testata del transetto, come illustrato da Nicola Soldini in merito al disegno ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 17r (Soldini, 1999), sembra essere infine testimoniata in alcune delle proposte progettuali per la cappella della Madonna dell’Albero: in questo caso specifico il disegno più rispondente parrebbe il foglio n. 34 del manoscritto S. 148 sup. della Raccolta Ferrari presso la Biblioteca Ambrosiana, che mostra l’alzato esterno della cappella, corrispondente alla campata centrale del transetto, con una soluzione poligonale che ricalca nella struttura essenziale e anche in taluni dettagli la composizione del n. 204 della Fabbrica (Perossi, 1999-2000).

Gli studiosi si trovano concordi nell’assegnare a questo disegno un terminus post quem, rappresentato dalla citata descrizione del 1503, che parla di un progetto in forma di vestibolo con piramide e anche un terminus ante quem, ovvero la delibera del 1537, nella quale si decise per la realizzazione di una porta a unico ingresso, abbandonando quindi l’idea dei tre usci (1537, 21 marzo: Annali, III, pp. 263-264). All’interno di questo arco temporale, tuttavia, sono diverse le proposte di datazione formulate, tutte condizionate dalle differenti ipotesi rispetto al contesto stesso di produzione del disegno.

Ritenuta almeno poco condivisibile, per questioni formali, l’idea di collocare il disegno in un tempo troppo prossimo all’inizio del secolo e, quindi, abbandonata la possibilità che si tratti di uno dei progetti presentati nel 1503 (proposta che si ricava soltanto dal nome di Cristoforo Solari presente sulla fotografia del disegno nell’Archivio della Veneranda Fabbrica, e che è solo ventilata tra le ipotesi percorribili, ma subito negata, in Perossi, 1999-2000 e Perossi, 2002), la critica si è volta per lo più alla connessione dell’elaborato con la realizzazione del modello ligneo. In particolare si è discusso se l’elaborato potesse corrispondere a uno dei disegni preparatori per il modello stesso (Brivio, 1978; Perossi, 2002), con una variante nella parte superiore, scartata nella redazione definitiva dell’esemplare intagliato, oppure che si trattasse di un progetto per il completamento del modello, ancora in fase di realizzazione dopo il 1535 (Perossi, 2002). Anche in questo caso si dovrebbe comunque contemplare la presenza nel disegno di una variante della parte alta, poi non eseguita. Entrambe queste proposte, tuttavia, giovano soltanto a un lieve restringimento dei termini cronologici, poiché non è ancora chiaro quando sia stata concretamente realizzata la parte del modello ligneo corrispondente al vestibolo verso Compedo, che oggi si trova tra l’altro singolarmente montata sul lato destro del modello, corrispondente al lato sud del Duomo, e non su quello opposto (se si suppone che le due porte dovessero corrispondersi formalmente, il problema non è comunque in questa sede rilevante e deriva peraltro, con una certa probabilità, da modifiche apportate al modello nel corso di uno degli smontaggi e recuperi che esso ha subito nel corso dell’Ottocento; Brivio, 1978, Benati, 2010). Nel 1519, infatti, quando si delibera l’esecuzione di un modello che registri la situazione del cantiere, molte parti necessariamente non potevano essere realizzate, non essendo ancora state concretamente eseguite. È assai probabile quindi che anche la porta verso Compedo fosse tra queste e che il brano del modello a essa corrispondente sia stato eseguito e incorporato al modellone in un momento anche di molto successivo, fermo restando il termine del 1537, quando, come detto, si abbandonò l’idea di una porta a tre ingressi. Come illustrato già da Beltrami, ma puntualizzato da Ernesto Brivio, infatti, nel 1535 si rinvigorisce l’interesse per la porta verso Compedo, forse anche a seguito dell’inizio delle discussioni intorno alla facciata maggiore, per cui il 10 luglio viene dato a Cristoforo Lombardo l’incarico di perfezionarne il disegno (1535, 10 luglio: Annali, III, p. 260) e il 24 luglio del 1536 cade la delibera per la realizzazione di un modello della porta, su progetto dello stesso Cristoforo (AVFDMi, Ordinazioni Capitolari, 9, f. 71r; Annali, III, p. 262).

È dunque su questa ulteriore fase progettuale della porta verso Compedo, ma comunque precedente al 1537, che anche Aurora Scotti inserisce la sua ipotesi cronologica per questo disegno, formulando anche una relativa proposta attributiva a Cristoforo Lombardo, non escludendo che egli possa essersi avvalso di modelli più antichi e averne ideato una rielaborazione (Scotti, 1977; accolta poi anche da Brivio 1978). La studiosa, infatti, avvicina in particolare alle altre opere architettoniche di Cristoforo Lombardo l’uso di profilature nette e fasce di modanature articolate in modo sobrio e lineare, senza cedere il passo alla scultura, a cui si può aggiungere una strutturazione geometrica dei volumi architettonici, in assonanza con le tendenze dell’architettura milanese del secondo quarto del XVI secolo, notando altresì come anche a livello documentario la paternità a Cristoforo Lombardo possa essere adeguatamente validata. Si tratta tra l’altro, fino a questo momento, dell’unica proposta attributiva supportata da considerazioni di natura documentaria e formale, legata anche all’impressione ampiamente condivisibile di rigore e modularità del disegno stesso, poiché il disegno aveva altrimenti conosciuto solo un’assegnazione a Cristoforo Solari o Vincenzo Seregni, che figura sulla fotografia dell’Archivio della Fabbrica (accettata per Seregni in Buratti Mazzotta, 1993), per poi tornare in un più cauto anonimato nelle pubblicazioni più recenti (Perossi, 2002; Repishti, 2003).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

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A. Scotti, Per un profilo dell’architettura milanese (1535-1565), in Omaggio a Tiziano. La cultura artistica milanese nell’età di Carlo V, catalogo della mostra, Milano, 1977, pp. 99, 118, fig. 84b

E. Brivio, Modelli del Duomo, in R. Bossaglia, M. Cinotti, Tesoro e Museo del Duomo, II, Milano, 1978, p. 64

E. Brivio, G.B. Sannazzaro, Modello del Duomo, in Il Duomo di Milano. Dizionario storico artistico e religioso, Milano, 1986, p. 382

A. Buratti Mazzotta, L’uso del linguaggio classico in una fabbrica gotica. Metodo e prassi progettuale nei disegni per il Duomo di Milano dall’Amadeo al Pellegrini, in Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e architettura del suo tempo, a cura di J. Shell, L. Castelfranchi, atti del convegno (Milano, Bergamo, Pavia, 1992), Milano, 1993, pp. 622-623, fig. 8

N. Soldini, scheda in Il giovane Borromini. Dagli esordi a San Carlo alle Quattro Fontane, a cura di M. Kahn Rossi, M. Franciolli, catalogo della mostra (Lugano, 1999), Milano, 1999, p. 125

S. Perossi, Il dibattito rinascimentale sulla Porta di Compedo del Duomo di Milano, tesi di laurea, relatore A. Rovetta, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 1999-2000, pp. 166-174, n. 6

S. Perossi, Progetto per la Porta di Compedo, in La facciata del Duomo di Milano nei disegni d’archivio della Fabbrica (1583-1737), a cura di F. Repishti, catalogo della mostra (Milano, 2002), Milano, 2002, pp. 31-32

L. Patetta, La Fabbrica del Duomo di Milano, in La facciata del Duomo di Milano nei disegni d’archivio della Fabbrica (1583-1737), a cura di F. Repishti, catalogo de

F. Repishti, R. Schofield, I disegni e i modelli di architettura della Fabbrica del Duomo dal Cinquecento al Settecento, in La facciata del Duomo di Milano nei disegni d’archivio della Fabbrica (1583-1737), a cura di F. Repishti, catalogo della mostra (Milano, 2002), , Milano, 2002, p. 23

F. Repishti, La facciata del Duomo di Milano (1537-1657), in F. Repishti, R. Schofield, I dibattiti per la facciata del Duomo di Milano 1582-1682. Architettura e controriforma, Milano, 2003, pp. 15, 19-20

G. Benati, Il modello ligneo del Duomo. Storia documentale, in “Nuovi Annali”, I, 2009, Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, Milano, 2010, p. 86

 

 

Schedatore e data

Jessica Gritti 2012

ISBN

9791220009157

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