Prospetto laterale del fianco nord della facciata

Autore

[Galliori, Giulio]

Titolo

Prospetto laterale del fianco nord della facciata

Datazione

XVIII secolo; [1786-1787]

Collocazione

AVFDMi, Archivio Disegni, 209

Dimensioni

632x486 mm

Tecnica e Supporto

Preparazione a matita, compasso; esecuzione a penna e inchiostro nero-grigio, acquarellatura a inchiostro nero diluito in diverse tonalità di grigio; supporto cartaceo di media grammatura, filigrana non rilevabile (incollato al montaggio, verso non visibile).

Scala

In basso al centro, a penna e inchiostro nero, di 50 braccia milanesi: costituita da un’asticella orizzontale bipartita, con tratti verticali disposti a intervalli regolari, più fitti in corrispondenza delle prime due unità di sinistra, numerati 10, 5, 5, 10, 20, 30, 40, 50.

Iscrizioni

In alto verso destra, a penna e inchiostro bruno: «Fianco del Portico».

In corrispondenza della scala, a penna e inchiostro nero: «Bra Milanesi».

Notizie

Il disegno appartiene a un gruppo di sei elaborati per la facciata di Giulio Galliori conservati presso l’Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano (oltre a questo, AVFDMi, Archivio Disegni, 151, 207, 208, 210; e AVFDMi, Archivio Storico, 152/32, fascicolo 9 ter). Rispetto agli altri cinque presenti presso la Fabbrica, il disegno mostra il prospetto del fianco nord della cattedrale, nel quale si vede sulla destra il fianco della facciata; sussistono poi alcuni disegni con pianta e prospetto frontale della facciata, uno di dimensioni più piccole, accompagnato dalla relazione autografa di Galliori (AVFDMi, Archivio Storico, 152/32, fascicolo 9 ter); altri due di maggiori dimensioni, con minime varianti, (AVFDMi, Archivio Disegni, 207 e 208), al secondo dei quali questo disegno dovrebbe corrispondere, mentre al n. 207, corrisponde il fianco segnato con il n. 210. Le due coppie di elaborati si differenziano perché mostrano grafie e inchiostri parzialmente diversi nelle iscrizioni, nella prima coppia troviamo le iscrizioni della scala a inchiostro nero e solo l’iscrizione superiore a inchiostro bruno, nella seconda coppia troviamo la scala a inchiostro nero, ma con iscrizione a inchiostro bruno e grafia differente da quella dell’altra coppia. Un altro disegno di dimensioni più prossime a quello dell’Archivio Storico, ma comunque maggiori, presenta una visione della fronte con alcune parti in prospettiva laterale (AVFDMi, Archivio Disegni, 151).

Il foglio mostra una piegatura orizzontale centrale, oggi non più utilizzata, poiché esso è conservato su montaggio rigido, incollato con due brachette lungo il margine superiore, ma anche fissato al supporto con altri punti adesivi che non consentono la visione del verso. Vi è un ingiallimento lieve e uniforme della carta, alcuni aloni probabilmente di polvere agli angoli e alcune macchie brune di lieve entità.

La preparazione a matita interessa tutte le linee del disegno successivamente ripassate a penna, ma eccede leggermente i contorni del disegno stesso: essa è, inoltre, composta da una griglia di quadrati e rettangoli di base (non estesa però a tutto il foglio). Il foglio presenta anche una squadratura ai margini, che individua il campo destinato al disegno stesso, come accade in altri elaborati dello stesso autore, e che è stata anche ripassata a penna e inchiostro nero. Il compasso, usato per la costruzione degli archi, mostra fori molto piccoli e poco visibili. L’esecuzione a penna è condotta con linee accurate, ma non sottili; il disegno è interamente acquarellato, presenta un aspetto pittorico chiaroscurato, reso probabilmente utilizzando il medesimo inchiostro del tratto, diluito in diverse gradazioni (il colore grigio e la datazione del foglio farebbero sospettare che si tratti di inchiostro di china). Il disegno è condotto per la maggior parte a strumento, mentre a mano libera sono realizzati i particolari decorativi, per esempio tutte le archeggiature e cuspidi, piuttosto seriali e rigide, ma precise, la figura umana della statuaria è invece solo sommariamente abbozzata. Anche la terza campata a sinistra è lasciata allo stato di abbozzo e presenta solo le linee principali dell’architettura e un’acquarellatura sommaria uniforme di colore grigio chiaro.

Note critiche

Il disegno di Giulio Galliori è stato pubblicato da Giuseppe Morazzoni nel 1919 (Morazzoni, 1919) e il progetto discusso da Rudolf Wittkower nel suo volume Gothic versus classic (Wittkower, 1974) con l’illustrazione di un altro elaborato relativo al medesima fase progettuale, mentre questo disegno è stato poi studiato da Davide Tolomelli nell’ambito della mostra E il Duomo toccò il cielo, curata da Ernesto Brivio e Francesco Repishti nel 2003. Esso corrisponde, come gli altri elaborati presenti presso la Fabbrica, a un progetto presentato da Galliori nel 1787 e accompagnato, oltre che dalla citata relazione al quale è allegato il disegno dell’Archivio Storico (AVFDMi, Archivio Storico, 152/32, fascicolo 9 ter), da una lettera datata 6 ottobre (AVFD, Archivio Storico, 136). Il progetto è formulato dopo la nomina dell’autore ad architetto della Fabbrica, essendo succeduto a Francesco Croce nel 1773, ed è quindi relativo alla rinnovata fase di progettazione per la facciata del secondo Settecento, che seguì l’ultimazione della gran guglia, e che dovette dialogare con lo stato di fatto lasciato all’epoca di Carlo Buzzi e documentato dalla nota incisione di Marc’Antonio dal Re, che rappresenta i funerali di Polissena Giovanna Cristina regina di Sardegna del 1735.

Nella relazione conservata nell’Archivio Storico Galliori esprime anzitutto l’importanza del principio di conformità alla forma del Duomo, spiegando pertanto la preferenza per una soluzione “alla gotica” della facciata e come essa possa integrarsi con i finestroni e i portali già realizzati secondo il progetto di Pellegrino Tibaldi, rivisto da Francesco Maria Richino, e con i contrafforti gotici posti accanto alla porta maggiore, realizzati da Carlo Buzzi. Nel discutere il disegno illustra la scelta di distaccarsi dalle soluzioni che hanno proposto un portico largo quanto tutta la facciata, per prediligere invece un pronao che occupasse soltanto la larghezza della navata centrale (per non ingombrare eccessivamente), il quale avrebbe dovuto presentare anche una terrazza nella parte superiore. In questo disegno vediamo infatti il fianco di questo pronao sulla destra e la soluzione dello spigolo della facciata nel raccordo verso il fianco nord. Galliori si concentra nella relazione anche sulla forma specifica dei piloni, che a suo parere e come evidente anche in questo disegno, sarebbero dovuti essere identici a quelli dell’interno dell’edificio e spiega che, in corrispondenza delle navate minori, si sarebbero dovute inserire strutture archiacute aggettanti dal filo di facciata e impostate su piloni come quelli del pronao (in questo elaborato ovviamente non rappresentate), abbastanza sporgenti per sopravanzare le finestre alla romana e i portali già realizzati, che si sarebbero potuti in questo modo conservare (con la sola aggiunta al di sopra del portale maggiore di un ornamento alla romana recante un rilievo con la Natività della Vergine, intonato alla porta, per colmare il vuoto superiore ad essa). Contestualmente Galliori prevede la demolizione delle lesene "alla romana" ai fianchi della facciata, recuperando materiale dallo smontaggio per la realizzazione di altre parti e spiegando come lateralmente alla fronte sembrasse logico proporre la continuazione degli archi rampanti con gli acquedotti, che connotavano già i fianchi della cattedrale (per maggiori dettagli in merito al progetto di Galliori si vedano le schede relative ai disegni con piante e prospetti frontali della facciata).

Il progetto di Galliori fu fortemente criticato negli anni successivi, in particolare da Carlo Felice Soave, che si trovò di fatto a sostituire l’architetto nella conduzione della Fabbrica dopo l’8 agosto 1795, adducendo non poche osservazioni anche di carattere strutturale. La realizzazione della facciata stava del resto già proseguendo dal 1791 in base al progetto di Carlo Buzzi e con la demolizione di alcune delle parti eseguite “alla romana” (Annali 1885, VI, p. 224; le lesene, ma non le finestre e le porte), proprio in base alle indicazioni di Soave. Sembra che a questo proposito Galliori abbia formulato una seconda proposta progettuale, della quale non sono sopravvissute testimonianze grafiche: un gruppo di disegni menzionati nella bibliografia a cura di Filippo Salveragio nel volume di Camillo Boito del 1889 (Boito, 1889, p. XXI, n. 205) come esistenti presso la biblioteca di casa Trivulzio (Cod. Triv. 1412) non è oggi presente presso l’Archivio Storico Civico di Milano, come nel caso di altri materiali dubitativamente perduti durante il secondo conflitto mondiale.

Bibliografia

G. Morazzoni, Il Duomo. Saggio iconografico, Milano, 1919, p. 6, tav. X, fig. 19

D. Tolomelli, Giulio Galliori, in E il Duomo toccò il cielo. I disegni per il completamento della facciata e l’invenzione della guglia maggiore tra conformità gotica e razionalismo matematico (1733-1815), a cura di E. Brivio, F. Repishti, catalogo della mostra (Milano, 2003), Milano, 2003, pp. 96-101

Schedatore e data

Jessica Gritti 2012

ISBN

9791220009157

Aggiornamento